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Estorsione aggravata dal metodo mafioso e dalle finalità mafiose

Pubblicato da BP BP sopra 18/12/2018
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Guardia di Finanza Trieste

Nella mattinata odierna la Sezione Operativa della Direzione Investigativa Antimafia di Trieste, coadiuvata dai Centri di Padova, Napoli, Milano e Bologna nonché dai militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Trieste e con l’ausilio di Reparti della Guardia di Finanza del capoluogo giuliano, sta eseguendo sette ordinanze di custodia cautelare in carcere su disposizione della Procura distrettuale antimafia di Trieste.

Tutti gli indagati devono rispondere di aver partecipato, a vario titolo, ad estorsioni commesse in Croazia e pianificate in Italia in danno di imprenditori e professionisti, alcuni dei quali italiani e operanti a Pola (HR). I delitti si sono consumati attraverso minacce e intimidazioni – e perciò con metodo mafioso – finalizzate a favorire gli interessi del noto quanto famigerato clan camorristico dei “CASALESI”.

Le ordinanze di custodia cautelare in carcere ottenute dal Presidente della sezione per le Indagini Preliminari Guido Patriarchi seguono ad articolate quanto complesse indagini – coordinate dal Procuratore della Repubblica dr. Carlo Mastelloni e dal Sostituto Procuratore della D.D.A. di Trieste – vedono indagate complessivamente 13 persone. Nel corso delle attività investigative fatte in direzione di soggetti gravitanti negli ambienti della criminalità organizzata di stampo camorristico emergevano numerosi elementi che inducevano a ritenere che un intermediario finanziario di Portogruaro (VE) – attualmente detenuto per altra causa a disposizione della magistratura friulana – avesse investito ingenti somme di denaro, circa 12 milioni di euro, appartenenti a consorterie criminali riconducibili al clan dei “Casalesi”.

L’indagine acclarava poi che l’indagato aveva allestito un complesso sistema per investire illecitamente i capitali utilizzando diverse società con sede in Croazia, Slovenia, Gran Bretagna. Le autorità croate, nei primi mesi del 2018, sulla base di denunce acquisite da un professionista croato e accogliendo le istanze di altri creditori, procedevano al pignoramento dei conti correnti delle società facenti capo all’intermediario finanziario e disponevano il blocco finanziario delle stesse, così oggettivamente impedendogli di restituire quanto da esso investito dal clan.

L’acuirsi del dissesto finanziario dell’intermediario finanziario e le contestuali pressanti esigenze dei suoi sodali campani di rientrare in possesso delle ingenti somme impegnate, conducevano gli stessi in un limitato arco temporale a mettere in atto plurime condotte estorsive nei confronti di numerosi professionisti, italiani e croati. In tale contesto emergeva il ruolo iperattivo di soggetti riconducibili ad organizzazioni camorristiche i quali, in primis, assumevano la tutela dell’intermediario finanziario garantendogli una sorta di protezione da eventuali attività ritorsive dei creditori, esasperati per il mancato rientro dei capitali investiti, assicurando al medesimo la loro costante presenza nella sua abitazione e/o accompagnandolo in occasione dei suoi spostamenti. Gli stessi soggetti – specificatamente gli arrestati e altri loro sodali pure indagati, avvalendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivavano, costringevano le vittime a rinunciare agli ingenti crediti da essi vantati nei confronti dell’intermediario finanziario, inducendole anche a cedere a quest’ultimo beni mobili e immobili senza alcun corrispettivo nonché a fare consistenti prestiti che poi avrebbero dovuto far confluire sul conto di società dell’intermediario finanziario.

Numerosi gli episodi estorsivi emersi che non solo hanno evidenziato la determinazione a delinquere degli arrestati ma anche i consistenti interessi economici in gioco, pari a un giro di affari di decine di milioni di euro puntualmente ricostruito dagli uomini della DIA di Trieste la cui attività operativa ha consentito gli arresti. Decine sono le perquisizioni in corso nei confronti di altri soggetti, indagati a vario titolo, tra cui diversi personaggi che hanno aiutato l’intermediario finanziario a eludere le investigazioni dell’A.G. triestina. Complessivamente sono stati impiegati oltre una cinquantina di appartenenti alla D.I.A. e 40 militi del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria e di altri Reparti della G di F di Trieste nonché dell’Ottavo Reggimento Genio Guastatori di Legnago (VR). Gli arresti e le perquisizioni hanno investito i territori della provincia di Napoli, Milano, Modena, Treviso, Padova, Portogruaro (VE), Udine e Trieste.

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